La solitudine non va capita, va amata.
Come una dolce puttana che abbiamo
smesso di pagare tanto tempo fa.
A ricordarcelo può essere il freddo
metallo che preme il nostro palato,
o le nuvole negli occhi dei vecchi
della nostra infanzia.
Essa è l'aria che respiriamo al
mattino quando tutti ancora dormono,
la mancanza di sale in una zuppa su un
tavolo vuoto,
i momenti neri tra un incubo e l'altro.
L'immagine impressa sulla nostra
pupilla quando chiudiamo gli occhi.
Tra le lenzuola s'avvolge attorno a
noi, delimitando la nostra superficie,
e mai ci abbandona. Perché
dovrebbe farlo?
Ride quando noi ridiamo e fa ridere
quando noi ci esibiamo,
dorme quando noi con un'altra dormiamo,
e ci urla quando la dimentichiamo.
Con lei, abbiamo la relazione più
tormentosa e ipocrita che esista in natura,
un mutualismo esagerato, chiuso a
cerchio e dato alle fiamme.
Facciamo di tutto per dimenticarla, per
negarla.
Ma non importa quanto tempo impieghiamo
ad avvolgerla nell'arroganza, lei è sempre brutta.
Mai dovremmo dimenticare che prima di
essere qualunque cosa, siamo soli.
Condizione cosmica ubiquitaria in ogni
vita.
Aleph
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