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martedì 19 febbraio 2013

Margini di Miglioramento

Sei tu il mio lenzuolo al vento, garrisci della terra il sospirare, rendendo impassibile la mia percezione, che strepita, urla e ne rimane offuscata.
E' una danza di luci ed ombre, sotto strascichi di pioggia rancida, capoliniamo dai sicuri ripari della timidezza per gettarci in una fugace guerra d'occhiate.
D'un ombra che melodicamente passa in solitudine sotto le affilate pagode mondane, appelandosi all'armonia distorta di un pugno di note schiaffate.
Sensibile forma che non dai animo da trasparire, esule come sei ti vedo momento fugace che d'un tratto semimobile contrae gli Ergo che ti stanno attorno, testimone della Eco che verrà.
Inizializzo, finalizzando l'armonia che mi persuade, godendo più spesso della mia solitudine e del mio paturniare infinito che permette all'estasi primordiale di fiorire e divampare in un trionfo di mirabile autocompiacimento.

Infine torno ad annusare il liquido placentale che da tempo mascherava l'anima pura e limpida, ora intossicata e deformata dall'eccessiva radiosità consunta, interangendo con le postille del quotidiano riassumo il fetore che ogni giorno m'aliena e mi strugge.
Desolato reagisco riconoscendo il costume che si volatilizza nel baratro d'un vortice annichilito, paradossalmente nemico che diviene contigente, trasumando l'imbarazzo della forma che c'è in Me.
Le vedi sature e gravide, testimonianza di una cancerogena colata d'esempi e proiezioni che inevitabilmente verranno disattese in un disamorato e lontano sfilacciamento d'un legame imposto e canonico.
E' un rifiuto nostalgico, una smorfia a doppio taglio che getta ignavia e mestizia sulla futura proiezione, lasciandoci soli e persi come anonime gocce di mercurio precipitate sul fondo d'un bacile omologato.
Stupore incastrato nell'avida curiosità che mi persuade nell'animoso pensiero che d'un tratto scompare in
un ignoto urlo vivido, solamente attonito nel mio autismo mi disiulludo e rendo il cinico compare.

E' la redenzione continua della disillusione infinita, quel sopiro e quella forma appena delineata dalle spire del vento, un turbine d'un istante, fugace e deciso.
Cado nel tumulto ed inizio a inspirare.
Cado ed rinizio a monotomizzare.
Solo calcando il fondo del crepaccio posso guardare il cielo tempestato dal mio cogliere. 
Sono un elettrone che puntualmente si fa attrarre dall'imponente magnetismo della realtà indissolubile, allora ingoio superbamente rantoli di speranza e destrezza, solo così immagino di sognare.
Rimango segnato
Rimango marchiato
Rimango scalzo
Inesorabilmente mi pongo domande..
Ma che cazzo ci posso fare?!

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