Abbiamo lasciato Molins da quasi un giorno e già si sente l'odore del mare. Davanti a noi vediamo le prime luci della capitale, la nostra capitale che andiamo a liberare. Gli invasori sono in guerra da tanti, troppi anni. Neanche so da quanti. I miei genitori mi dicono che ancora dovevo nascere quando è iniziata, i miei compaesani armati accanto a me e lo spirito dei miei fratelli morti sul Montjuic, mi dicono che ancora non è finita. La nostra terra ci è andata di mezzo, come al solito. Siamo una cultura millenaria, il nostro regno un tempo era un impero, secondo solo per grandezza a quella Roma dalla quale tutti discendiamo e che fondò le nostre città chissà quanto tempo fa. Eppure questi bastardi ci hanno trasformato in una colonia, una terra di mezzo, da contendersi con i francesi. Credo che definire la cosa umiliante sia ben poco.
Ed è forse quell'orgoglio ferito, prima ancora della fame, che spinge tanti uomini sui sentieri della guerra, con la falce in mano ed i muli carichi di provviste. Veniamo dalla campagna, dalla terra dei castelli, dalla patria dei Goti. Fra i sentieri ripidi ci facciamo coraggio, perché a breve vedremo la meta, perché oltre la montagna c'è la capitale e nella capitale ci sono invasori, servi e lacché di Re Filippo e oltre il ventre squarciato degli invasori ci sta la repubblica, la libertà.
Veniamo da tutte le comarche della nostra Aragona liberata, sforzandoci di credere di andar contro il nostro destino, facendo finta di non sapere che incontreremo altri uomini, soldati come noi, che come noi combattono per il loro paese. Ci sforzeremo di pensare che cadranno sotto i colpi delle nostre falci senza fare troppe storie, proprio come a giugno cadono le spighe di grano. Ed in ognuno di loro non vedremo un contadino come noi mandato a morire da un tiranno invasore. Guarderemo quei bastardi negli occhi e sapremo che ognuno di loro è Re Filippo, ognuno di loro è l'invasore, la testa coronata che deve cadere ed irrorare le nostre terre con il suo sangue. Perché i regimi, quelli si, cadono sotto un buon colpo di falce.
Arriva la sera. Ecco che il mare già ci saluta.
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